Uno sguardo retrospettivo
Ricostruire la storia attraverso cui una persona arriva alla costruzione di sé come soggetto è la premessa necessaria per analizzare e comprendere quelle storie che presentano esiti diversi e spesso dolorosi sia per chi li vive, sia per chi vive con loro.
Come ho detto nei post precedenti, lo sviluppo di ciascun individuo non dipende esclusivamente dalle situazioni a lui esterne, né da un loro condizionamento che si eserciterebbe sulla persona come una forza meccanica: anche se alcune circostanze svolgono un ruolo indiscutibile, lo sviluppo del soggetto dipende anche e soprattutto dall'attività intenzionale della coscienza individuale.
In ogni caso, ciascuno ha un bagaglio di esperienze e vissuti diversi che necessitano di appositi approcci educativi, interventi di rielaborazione mirati, specifici ed orientati in base allo specifico modo di essere del ragazzo.
Focalizzare l'origine del disadattamento sociale significa indirizzare l'intervento pedagogico. L' "oggetto" dell'educazione, quindi, non è più il comportamento da reprimere o da controllare, ma il soggetto e, più precisamente, quel suo particolare vissuto che ne è all'origine. Si tratta quindi di accompagnare il ragazzo verso una progressiva acquisizione di autocoscienza, attraverso una rivisitazione del suo modo di pensare e di intenzionare la realtà. Lo scopo della relazione educativa è, come ho precedentemente detto, quello di permettere al ragazzo di riformulare la sua percezione di se stesso e del mondo.
In sintesi, si può dire che la rieducazione consiste in un intervento che si pone come obiettivo quello di rimodulare gli schemi di interpretazione di se stessi e del proprio mondo relazionale.
L'intervento ri-educativo
Ho definito l'irregolarità della condotta come l'esito di un disturbo della capacità intenzionale; ciò significa che bisogna considerare quel preciso comportamento irregolare e/o deviante come l'espressione, l'indice di un particolare e disadattivo modo di percepire sé, il mondo e se stesso nel mondo.
Ma qual è quel malessere, quel disturbo all'origine del comportamento irregolare?
Ho già detto che il comportamento di un individuo è strettamente legato alla sua visione del mondo, la quale dipende a sua volta dalle esperienze e dai vissuti di ciascuno. La definiamo come un insieme di credenze e valori con cui interpretiamo le situazioni che viviamo ed i fatti che accadono, attraverso la quale attribuiamo un significato al presente e cerchiamo di indirizzarci verso il futuro.
Il compito dell'educatore è quello di provocare una progressiva trasformazione di quella visione del mondo e una ristrutturazione dell'attività intenzionale del ragazzo: del suo modo di vedere se stesso, gli altri e le cose, del suo modo di mettersi in relazione con queste realtà, infine sviluppare la capacità di negoziare con l'altro le interpretazioni e i significati attribuiti al mondo.
Concretamente...
Perché quella trasformazione radicale possa compiersi è necessario che il ragazzo faccia nuove e diverse esperienze, pensate e costruite per stimolarlo e condurlo alla consapevolezza della necessità di rivedere le proprie convinzioni e i propri valori.
Una delle caratteristiche fondamentali di ogni intervento educativo e ri-educativo è quella dell'orientamento al futuro, ovvero di una rinnovata proiezione di se stessi nel futuro, possibile solo dopo una rivisitazione critica del passato, una nuova attribuzione di senso al proprio vissuto e un effettivo suo superamento.
Piero Bertolini, Per una pedagogia del ragazzo difficile, Bologna, Malipiero, 1965.
Piero Bertolini e Letizia Caronia, Ragazzi difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento, La nuova Italia, Firenze, 1993.