« Mi sono sentito solo troppo presto e così ho cercato la via
più facile per sentirmi importante, per cercare di essere un'altra persona »
Discoteca,
guida senza patente, furti, rapine, uso di stupefacenti... Questo è stato il
suo tentativo di vivere.
In Ragazzi difficili vengono analizzati esperienze e
vissuti diversi, comportamenti non omogenei e percorsi di vita non
sovrapponibili, ma legati da un denominatore comune: gli agiti dei ragazzi
vengono percepiti come dissonanti rispetto ad un certo
modello condiviso di competenza sociale, per questo marcano la diversità di chi li compie rispetto agli altri.
Ogni società
elabora infatti dei modelli di pensiero e di comportamento, che di fatto
guidano decisioni e le pratiche nei confronti dei minori -e più in generale, di
tutti- e stabiliscono le soglie di accettabilità sociale delle loro condizioni
di vita e del loro comportamento. Sulla base di tale insieme di assunti più o
meno condivisi, un minore può quindi venire considerato a rischio, irregolare, disadattato o delinquente. A causa del loro comportamento o
di un loro comportamento, queste persone
vengono accomunate dalla strutturazione debole o disadattiva di una visione del
mondo e di se stessi nel mondo con gli altri.
E' dunque
necessario essere consapevoli della propria appartenenza ad un insieme di
pratiche sociali che considera alcuni comportamenti inadeguati sulla base di un
accordo intersoggettivo circa ciò che conta come esistenza e comportamento
accettabile.
La scelta di
Bertolini di classificare i ragazzi in un'unica categoria, ovvero quella dei difficili, è data dalla
necessità di focalizzare come pertinente ciò che precede l'individuazione delle
differenze sul piano del loro comportamento, ovvero la percezione di una
difficoltà. In altre parole, ci invita a pensare loro come dei soggetti che, in circostanze date e
in riferimento a modelli storicamente e culturalmente variabili, vengono
percepiti come difficili.
Questo legame
apparentemente causale tra determinate caratteristiche ambientali e tasso di
criminalità mi spinge a dare un'identità a quelli che ho definito prima come ragazzi a rischio: si tratta di ragazzi che vivono in situazioni caratterizzate da carenze di tipo sia materiale che relazionale. Per carenze materiali intendo contesti sociali profondamente degradati, in cui l'esistenza di ciascuno è permeata da una generale povertà, insicurezza economica e disagio abitativo. Per carenze relazionali faccio invece riferimento a particolari situazioni o storie famigliari: forme di rifiuto e/o di abbandono più o meno consapevolmente agite dai genitori o da altre figure di riferimento fino alla disgregazione della famiglia, oppure modelli genitoriali poco adeguati, con comportamenti tendenti alla devianza.
Questo genere di condizioni che fanno da sfondo all'esperienza evolutiva del bambino o del ragazzo, possono essere considerate fonti di disagio sociale futuro. Di qui la denominazione ragazzi a rischio di devianza, di emarginazione, di disturbi della personalità. Secondo questo assunto, la concatenazione causale che si innesta tra passato, presente e futuro legittima l'attenzione sociale verso quei ragazzi nell'attuazione di interventi educativi di carattere preventivo.
Aldilà delle previsioni riguardo i possibili disagi e disturbi futuri, è importante il fatto che questi ragazzi vivono in una situazione contraddistinta da disfunzioni materiali, affettive e relazionali. L'intervento educativo ha quindi come prima istanza quella di costruire attorno al minore un contesto adeguato dal punto di vista educativo e di risolvere il disagio attuale.
Avviene così il passaggio da ragazzi a rischio, ovvero da categoria usata come criterio selettivo per organizzare servizi e interventi sociali, a ragazzi difficili, che devono essere ripensati come persone che
vivono esperienze formative pedagogicamente
non sostenibili in contesti caratterizzati da disagio.
Piero Bertolini, Per una pedagogia del ragazzo
difficile, Bologna, Malipiero, 1965.
Piero Bertolini e Letizia Caronia, Ragazzi difficili. Pedagogia
interpretativa e linee di intervento, La nuova Italia,
Firenze, 1993.
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