Ogni individuo in quanto soggetto vivente ha la caratteristica essenziale dell'intenzionalità della coscienza, ovvero ha la capacità di investire di senso il mondo naturale e sociale. Nell'intenzionare, la coscienza attribuisce un significato e un valore all'oggetto: la realtà esiste ed assume il significato che ciascun soggetto le presta; è il soggetto a costruirsi delle rappresentazioni sensate del mondo che lo circonda, ed è in questo senso che sussiste l'affermazione "soggetto e oggetto si costruiscono reciprocamente". La realtà diventa tale solo dopo che le è stata attribuita una definizione da un soggetto, preceduta da un suo investimento di significati.
Ciascuno ha quindi una personale visione del mondo, una rappresentazione significativa della realtà che necessita di continue negoziazioni intersoggettive. Questa rete di relazioni, impedisce che il mondo rappresentato possa essere oggettivo, nel senso di unico e identico per tutti.
Costruire la propria visione del mondo è un processo di continua mediazione tra i vincoli del reale e le possibilità dell'individuo. La famiglia, l'ambiente sociale e culturale e il momento storico in cui una persona vive, propongono regole implicite di interpretazione della realtà, un insieme di significati e valori condivisi.
Il comportamento deviante è perciò sempre la parte di un tutto complesso ed originale: il soggetto. E' quindi fondamentale guardare il ragazzo difficile nella sua globalità e comprendere il senso che quel ragazzo dà al suo comportamento in base al valore e al significato che per lui hanno la realtà, la sua stessa persona, le sue esperienze vissute. Si tratta cioè di prendere in esame il senso che egli attribuisce al suo comportamento, di interrogarsi sul tipo di motivazione che relaziona soggetto e mondo.
Un intervento pedagogico deve partire dalla consapevolezza che il ragazzo percepisce, pensa e si esprime in un certo modo in base all'esperienza che gli è stata trasmessa e ai modelli cui è stato esposto. E' dunque importante conoscere il passato del ragazzo, la sua storia famigliare e culturale, per comprendere il suo comportamento antisociale.
Educatore ed educando dovrebbero ripercorrere gli incontri passati del soggetto con gli altri, i momenti passivi, i limiti e le lacune delle sue esperienze di formazione della personalità per eventualmente reindirizzare l'incontro tra il soggetto, il mondo e l'altro.
L'educatore ha il compito di proporre nuovi e diversi modelli di rapporto attivo tra la coscienza e il mondo.
Lo sforzo educativo o ri-educativo si propone di indirizzare il soggetto verso la progressiva conquista della sua coscienza come coscienza intenzionale, verso la consapevolezza della sua capacità di intenzionare attivamente il mondo.
La relazione educativa si configura dunque come quell'azione intenzionale che apre una proposta di autonomia dell'educando, attraverso la costruzione di un rapporto significativo di consapevolezza, reciprocità e fiducia tra educatore ed educando. La finalità è quella di rendere la persona consapevole e responsabile del suo essere soggetto attivo nel mondo e con gli altri.
Piero Bertolini, Per una pedagogia del ragazzo difficile, Bologna, Malipiero, 1965.
Piero Bertolini e Letizia Caronia, Ragazzi difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento, La nuova Italia, Firenze, 1993.
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