Non esistono né un modello stabile, né delle regole rigide e prestabilite che guidano ogni intervento rieducativo: esso non si concretizza in una sequenza obbligata di tracce da percorrere secondo un preciso ordine. Al contrario, una pedagogia del ragazzo difficile si propone come un insieme di orientamenti e di linee guida, per sua natura caratterizzati dalla flessibilità.
Tenete presente che per comodità di esposizione distinguo e spiego in successione le varie tappe fondamentali dell'intervento rieducativo anche se, nella realtà, essi si intrecciano, si sovrappongono, scivolano gli uni sugli altri.
1.La conoscenza del ragazzo
E' il primo momento fondamentale della pratica rieducativa e risponde alla necessità di arrivare ad una comprensione autentica del ragazzo, nei limiti del possibile.
E' necessario che l'educatore si metta dal punto di vista del ragazzo, guardando lui ed il mondo son i suoi occhi per cogliere la sua particolare visione del mondo, la sua capacità di intenzionare, il suo modo più o meno alterato di rapportarsi alla realtà attuale e di proiettarsi nel futuro. Il momento dell'osservazione, intesa non come uno stare a guardare quanto piuttosto come un vivere con, è dunque strettamente legato a quello della comprensione.
Questo primo momento di relazione e comunicazione fra educatore ed educando ha come finalità quella di far emergere la possibile esistenza di una difficoltà pedagogica tale da richiedere un intervento specializzato e, nel caso, di capire di che tipo di difficoltà si tratti.
2.La destrutturazione e la ristrutturazione
Il vero e proprio processo rieducativo inizia dopo l'osservazione.
Con i termini destrutturazione e ricostruzione intendo individuare gli interventi rivolti principalmente alla dimensione psico-fisica del ragazzo. Si tratta di azioni ed interazioni sostanzialmente mirate al superamento di alcuni limiti oggettivi che impediscono al ragazzo di esercitare la sua capacità di intenzionare. Concretamente si tratta di soddisfare alcuni bisogni di base o di sollecitare alcune capacità, di colmare le lacune sorte durante una storia di vita spesso segnata dall'indifferenza e dalla trascuratezza.
3.La dilatazione del campo di esperienza
Si concretizza in azioni o forme di comunicazione che hanno il compito di sollecitare e rendere dinamica la vita del ragazzo, per indurlo a superare una certa fissazione dei suoi interessi e dei suoi atteggiamenti che tende a costringerlo entro schemi di comportamento tendenzialmente asociali. L'idea di fondo è quella di far vivere al ragazzo una serie di situazioni nuove e stimolanti, attraverso le quali egli sia posto nelle condizioni di sperimentare l'esistenza e il valore di prospettive esistenziali fino a quel momento conosciute.
Quali tipi di esperienze proporre, ovviamente, dipende da cosa gli educatori ritengono opportuno per quel particolare ragazzo.
4.La costruzione di una nuova visione del mondo
Ogni interazione rieducativa è consapevolmente finalizzata, cioè consiste in un progetto il cui scopo è quello di accompagnare e sollecitare il ragazzo a riguadagnare la propria soggettività, acquisendo consapevolezza del suo contributo nella costruzione della sua storia.
E' proprio l'immersione in un nuovo e più vasto campo di esperienze che permette al ragazzo quel superamento di prospettiva che rende possibile un ripensamento critico al proprio passato e l' elaborazione di un giudizio proprio.
Il compito dell'educatore consiste nel costruire le condizioni di possibilità di tale appropriazione: guidare il ragazzo a prendere consapevolezza del proprio cambiamento e delle conseguenze di un nuovo modo di dirigersi verso il mondo.
Piero Bertolini, Per una pedagogia del ragazzo difficile, Bologna, Malipiero, 1965.
Piero Bertolini e Letizia Caronia, Ragazzi difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento, La nuova Italia, Firenze, 1993.
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