Essere esperienza dell'altro
Predisporre delle situazioni in cui il ragazzo possa sperimentare il valore dell'essere con gli altri è una delle strategie centrali dell'educazione dei ragazzi difficili.
L'educatore deve essere consapevole che la sua figura incide sul processo formativo del ragazzo; dal momento che il suo lavoro consiste essenzialmente nel vivere con il ragazzo, la sua presenza nel campo diventa una particolare esperienza dell'altro. La sua figura, il suo modo di mettersi in gioco, di agire e di comunicare sono dunque sempre fattori di formazione. Costruire un rapporto significativo significa che l'educatore deve proporsi come punto di riferimento costante nella vita quotidiana del ragazzo.
La capacità di monitorare il proprio modo di mettersi in scena di fronte al ragazzo (il proprio linguaggio, le proprie azioni e reazioni) è quindi parte integrante della competenza professionale dell'educatore.
Strategie pedagogiche di tipo relazionale
Disponibilità e autorevolezza
Come avevo precedentemente detto, i primi incontri tra educatore e ragazzo sono spesso caratterizzati da una sostanziale diffidenza di quest ultimo nei confronti dell'adulto. Nonostante ciò, l'incontro e la relazione con l'educatore devono trasformarsi per il ragazzo in un'occasione per sperimentare che l'adulto può essere diverso da quelli che ha incontrato in precedenza. Dall'altro lato, l'educatore deve accettare il ragazzo come persona della quale è possibile fidarsi, deve essere disponibile a scommettere su di lui e sulle sue capacità di cambiamento in senso migliorativo. Affinché ciò sia possibile, è indispensabile che l'educatore metta tra parentesi, sospenda ogni giudizio, a favore della comprensione entropatica che deve avere luogo.
Disponibile e attento alle sue necessità, egli deve essere capace di affrontare e risolvere assieme al ragazzo tutti i problemi e le incertezze che gli si presentano. Per fare ciò, dovrà mettersi dal punto di vista del ragazzo, condividere l'importanza che il ragazzo stesso attribuisce alle cose anche quando queste sembrano banali ed irrilevanti. La disponibilità dell'educatore si traduce quindi in capacità di ascoltare.
L'autorevolezza deriva invece dalla necessità di stabilità, fatta di norme che indirizzano l'agire verso scopi significativi per il ragazzo e condivisi anche dall'altro e di vincoli indispensabili per il raggiungimento di un certo scopo. Ciò permette al ragazzo di sperimentare che adeguare il suo comportamento alla regola, accettare i limiti imposti dall'educatore è un modo di agire che conviene prima di tutto a lui! Essere un educatore autorevole significa attuare interventi che dimostrino concretamente le possibilità aperte dal porre dei limiti al proprio comportamento.
Transfert pedagogico
Di qualunque genere esse siano, le risposte emotive dei ragazzi costituiscono il segno che le strategie di comunicazione e di animazione adottate dall'educatore hanno provocato una messa in discussione degli abituali schemi di comportamento del ragazzo.
Il transfert pedagogico è un momento centrale nell'educazione dei ragazzi difficili, in quanto segna la rottura degli abituali schemi di relazione e l'ingresso in un nuovo schema, centrato sulla capacità intenzionale, che ha luogo grazie al modello di intenzionaliltà incarnato dall'educatore.
La differenza di genere incide molto sulle forme e sui contenuti della comunicazione tra educatore o educatrice e ragazzo o ragazza. La presenza di educatori di entrambi i sessi nei servizi per minori è un'importante variabile istituzionale capace di attivare nei ragazzi la capacità di tarare stili relazionali e modalità comunicative in funzione della peculiarità dell'interlocutore. In altre parole, permette che si strutturi una particolare esperienza pedagogica dell'altro: di fronte all'altro dello stesso sesso o di sesso diverso, il ragazzo può sperimentare i differenti modi di costruire una relazione significativa con l'alterità di genere.
La funzione del transfert pedagogico è quella di provocare una direzionalità verso il futuro, un'apertura al possibile, il senso di essere un soggetto che vuole e sa intenzionare il reale.
Piero Bertolini, Per una pedagogia del ragazzo difficile, Bologna, Malipiero, 1965
Piero Bertolini e Letizia Caronia, Ragazzi difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento, La nuova Italia, Firenze, 1993
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