giovedì 2 aprile 2015

Verso il cambiamento. Strategie educative


Comprendere se e in che misura alcune oggettive condizioni esistenziali abbiano influito nel soffocare o nel distorcere l'attività intenzionale del ragazzo è il primo passo necessario ad indirizzare l'intervento educativo. Il passo successivo sarà quello di mirare ad un cambiamento di quelle condizioni di vita e ad una destrutturazione di quegli atteggiamenti che ne costituiscono la ricaduta sul ragazzo e che si rivelano, al momento, dei vincoli insormontabili.
In alcuni casi, è necessario programmare un obiettivo intermedio: l'indebolimento di quei disturbi che, nati in particolari relazioni con altri significativi, impediscono la costruzione di qualsiasi progetto rieducativo. Si tratta di contenerne l'incisività.
Come?

  • Attraverso uno specifico sostegno psicologico
  • Allontanando il ragazzo da un certo contesto esistenziale e dunque anche da quelle esperienze che, in quel contesto, egli è in un certo senso costretto a fare
  • Prevedendo la figura di un educatore nella vita quotidiana del ragazzo, il quale possa offrirgli una nuova prospettiva con cui interpretare e ridefinire la sua esistenza nel mondo e con gli altri.
Ricordo che si tratta di combinazioni di varie possibilità di interventi calibrate sulla particolare biografia del ragazzo, che hanno lo scopo di ridurre il peso relativo che alcune caratteristiche di ordine psichico, fisico, sociale e cognitivo possono avere sul processo di ricostruzione della soggettività.



Lavorare sui significati


Il passaggio a nuove forme di vita quotidiana rappresenta un evidente momento di discontinuità con il passato, una sua presa di distanza. Da un punto di vista pedagogico è necessario cogliere ed utilizzare il valore simbolico di tale innovazione: le trasformazioni dovrebbero essere presentate al ragazzo non come costrizioni, ma come situazioni dotate di un preciso significato, ovvero quello di essere delle soglie verso un nuovo universo di relazioni possibili tra sé e il mondo. Compito dell'educatore è proprio quello di istituire il valore iniziatico di queste discontinuità materiali, utilizzandole come segni di rinnovamento possibile del sé, come un modo per iniziare a pensarsi come qualcos altro...ma questo essere altro deve apparire piacevole o, almeno, conveniente!
Questa discontinuità iniziatica può però funzionare solo se le nuove condizioni materiali e relazionali sono motivanti per il ragazzo: la nuova realtà che gli si propone deve avere una forza seduttiva sufficiente a fargli maturare una sorta di desiderio iniziatico.
Si tratta di indurre nel ragazzo il desiderio di oltrepassare quella soglia simbolicamente rappresentata dalle trasformazioni oggettive della sua esistenza quotidiana.
Sta all'educatore organizzare gli spazi, i tempi, le attività e le relazioni interpersonali in modo che acquisiscano una funzione strutturante e propositiva.



La funzione mediatrice dell'ambiente educativo


Se vogliamo che il ragazzo possa compiere nuove ed autentiche esperienze esistenziali, sarà necessario dargli i mezzi per poter compiere tali esperienze e liberarlo da quelle carenze e quelle dipendenze che costituiscono degli ostacoli per il percorso formativo.
Lo scopo di questi interventi è quello di proporre un diverso stile di vita. Per fare ciò è necessario iniziare a lavorare sull'immagine e sui segni più manifesti e visibili del sé: possiamo infatti considerare l'apparire come uno specchio dell'essere, soprattutto nella delicata fase dell'adolescenza, durante la quale si innesca un meccanismo di forte e continua adeguazione del soggetto alla maschera con cui egli si presenta agli altri.
Proporre e o imporre un certo apparire significa offrire una nuova forma con cui interpretarsi, un nuovo modello a cui adeguarsi.



Stare con gli altri


Un altro aspetto della vita del ragazzo su cui è necessario intervenire è il suo modo di stare con gli altri: i diversi stili di interazione devono essere analizzati come testimonianze della particolare visione del mondo del ragazzo e utilizzati come tracce interpretative di un certo vissuto.

Cosa fare?
  • Nei casi in cui il rapporto con l'altro appare sempre viziato da interazioni inautentiche, occorre trasmettere al ragazzo l'impressione dell'inefficacia e anche della non convenienza di quegli atteggiamenti antisociali
  • Puntare sulla partecipazione (anche obbligatoria) ad alcune attività di gruppo. In questo caso, l'educatore dovrà pensare ad attività che implichino un'interazione in cui i ruoli siano già strutturati in modo simmetrico ed equilibrato, in modo tale che il ragazzo debba stare alle regole del gioco e sia dunque costretto a sperimentarne gli esiti positivi. Comincerà così a percepire che, assumendo atteggiamenti più relazionali nei confronti del gruppo, si può vivere meglio ed evitare spiacevoli inconvenienti.


Piero Bertolini, Per una pedagogia del ragazzo difficile, Bologna, Malipiero, 1965
Piero Bertolini e Letizia Caronia, Ragazzi difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento La nuova Italia, Firenze, 1993

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